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Il termine Smart Working nella letteratura scientifica è definito come nuova modalità lavorativa che ridefinisce in modo flessibile: il dove, il come ed il quando svolgere le proprie mansioni lavorative in modo da ottenere le massime performance minimizzando gli sforzi. Lo smart working è una modalità di lavoro innovativa basata su un forte elemento di flessibilità, in modo particolare di orari e di sede. Il futuro dell’organizzazione del lavoro passa necessariamente da qui: dove il lavoro incontra le nuove tecnologie e dove nascono occasioni che portano ad importanti cambiamenti di mentalità. Occorre definire e disciplinare in via legislativa una nuova modalità di flessibilità del lavoro anche se ne esiste già un’altra: il telelavoro.
Nonostante, però, i comprovati benefici, la forma principale per lavorare a distanza, il telelavoro, è uno strumento ancora scarsamente utilizzato nelle imprese italiane: uno studio del Politecnico di Milano riporta che il telelavoro è presente nel 20% delle imprese ma disponibile a tutti i lavoratori solo nel 2% dei casi e nel 2013 la percentuale dei telelavoratori per più di un quarto del loro tempo lavorativo è stata appena il 6,1%. Questo probabilmente a causa di una normativa molto rigida e restrittiva sull’argomento, che non tiene conto dell’evoluzione degli strumenti tecnologici a disposizione e che espone l’impresa interessata all’utilizzo di questa modalità lavorativa a costi e rischi troppo elevati, ad esempio in materia di sicurezza sul lavoro. Numerose ricerche dimostrano che chi lavora fuori dell’azienda è mediamente più produttivo dei dipendenti che sono in ufficio (grandi aziende internazionali riportano un aumento di produttività del 35-40%), si assenta meno (circa il 63% di assenteismo in meno) ed è sicuramente più soddisfatto, riducendo così le possibilità che decida di lasciare l’azienda, costringendo quest’ultima a investire risorse nella formazione di una nuova persona. Una recente ricerca prodotta dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano stima che l’adozione di pratiche di smart working in Italia potrebbe significare 27 miliardi in più di produttività e 10 miliardi in meno di costi fissi.
Esiste una proposta di legge (Norme finalizzate alla promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro) che da un lato parte dalla necessità di superare questo blocco dando vita a uno strumento diverso dal telelavoro, con caratteristiche e obblighi (per il lavoratore e per il datore di lavoro) propri, dall’altra di incentivare e accompagnare un profondo cambiamento culturale nella concezione del lavoro: il passaggio dal lavoro “a timbratura di cartellino” al lavoro per obiettivi, dove al lavoratore viene lasciata ampia libertà di auto-organizzarsi a patto che porti a termine gli obiettivi stabiliti nelle scadenze previste. Cadono, dunque, gli obblighi e i costi per l’azienda legati alla sicurezza sul lavoro presenti nel caso del telelavoro e viene predisposto un nuovo impianto in materia di sicurezza incentrato sull’informazione e sulla prevenzione, attraverso la fornitura di strumenti informatici adeguati. Inoltre, questa proposta configura lo smart working come strumento e non come tipologia contrattuale, con lo scopo di renderlo utilizzabile da tutti i lavoratori che svolgano mansioni compatibili con questa possibilità, anche in maniera “orizzontale”: qualche pomeriggio a settimana, tre ore al giorno, tutte le mattine, a seconda dell’accordo raggiunto tra datore di lavoro e lavoratore. Questo risolve un altro grande problema che spesso il telelavoro presentava: il rischio di esclusione del telelavoratore dalle dinamiche aziendali e, spesso, la riduzione delle sue possibilità di carriera.
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