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Di Alberto Serraglia
Quando non si è fasciati da un brand pesante, l’intesa personale con il cliente è tutto. La si alimenta giorno per giorno: con la capacità, la sensibilità, la disponibilità e la pazienza. Prima però bisogna farla nascere, entrando in sintonia con l’interlocutore sin dal primo incontro. E questo vuol dire anche curare aspetti che oggi tendono a sottovalutare e che, alla fin fine, contano molto anche nel prosieguo del rapporto.
Può sembrare uno spunto fuori del tempo, ma non è così. Le visioni che ci passano giornali e tivù sul popolo dei coworking sono divertenti, ma anche fuorvianti: startupper in braghe corte, creative con tatuaggio, venditori giovialoni e ingegneri seduti sui tavoli. E quando si gira negli spazi condivisi, si nota che quegli stereotipi vengono un po’ troppo spesso imitati. Rompere con il grigiore va bene e va fatto, ma non bisogna mai dimenticare che è sempre il cliente che guida, e che l’informalità non gli può essere imposta a gusto del fornitore. Lo sanno molto bene i venditori più esperti, quelli che sanno infondere fiducia sin dal primo momento. Siete dei tecnici? Non cambia, perché comunque, se avete delle idee da portare avanti e avete da fare con colleghi e clienti da convincere, qualcosa la vendete anche voi, e la sintonia la dovete trovare. E tutto conta.
Cominciate a pensare al modo in cui vi vestite. Se dovete far emergere una qualche differenza rispetto ad altri con cui concorrete, che senso ha appiattirsi, magari al ribasso, sui canoni più stereotipati? Nessuno. E una volta chiarito questo, non vi resta che andare oltre, dandovi un look consono alla competenza e alla professionalità che il cliente decodificherà con i canoni del suo ambiente. Un conto è andare a presentare un’idea a un portale di e-commerce e un altro andarlo a fare in una società di servizi finanziari (anche se questa ostenta modernità).
Passiamo poi al modo con cui interloquite. Qui le cose si fanno più complesse. Noi però le semplifichiamo, dando per scontato che già abbiate predisposto le presentazioni o le demo del caso e guardando solo a tre aspetti di cui si parla poco. Il primo riguarda il linguaggio, ancora da adattare al contesto, ma che conviene sia improntato a proprietà e semplicità, anche quando si parla di cose complesse.
Il secondo aspetto attiene alle priorità di interlocuzione: spesso si finisce per rivolgersi solo al principale interlocutore, ma se questi si porta dietro dei collaboratori, vuol dire che essi avranno peso nelle sue decisioni, e che dunque meritano adeguata attenzione. Il terzo riguarda la gestione dell’antagonismo. Ci sono interlocutori che hanno il vezzo di contrapporsi anche di fronte ad evidenze.
A chi non è capitato? L’abilità di non ingaggiare senza apparire remissivi è fondamentale per salvare un contatto che può essere promettente anche con interlocutori un po’ caratteriali. Questo è forse l’aspetto più difficile da controllare, ma in molti casi ne vale la pena.
C’è poi la liturgia del meeting, che investe ancora l’atteggiamento, il luogo d’incontro e il numero di interlocutori. Mai cedere ad atteggiamenti confidenziali in fase di prospecting, anche quando la situazione invita e si ha a che fare con coetanei. Quanto al luogo se non si va dal cliente, ma ci si incontra nel proprio coworking, ricordarsi che è sempre e solo la meeting room il luogo giusto e che si ha tutto il diritto di chiedere il massimo al gestore della location. Infine, sia che si vada dal cliente o in sede propria, e soprattutto quando gli esponenti del cliente sono più di uno, è consigliabile e se possibile, andare accompagnati da un partner o un collaboratore solido e preferibilmente proprio quello con cui si condivide il progetto da presentare. Andare da soli di fronte a molti fa sì che il meeting si trasformi in un esame, ed è cosa da evitare.
Quanto sopra da conto di esperienze vissute e raccolte presso decine di professionisti e manager che, nel ruolo di proponenti o prospect, confermano che in fase di primo contatto la coerenza proposta e lo standing del proponente hanno molto più peso di quanto si creda. Gli stessi che non ci chiedono di diventare manichini o maestri di cerimonia, ma di impossessarci del multiforme linguaggio del business, senza forzare la nostra natura, anzi valorizzandola.
Tags: freelance
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